Isoletta d’Arce, Parco archeologico di Fregellae
La colonia latina di Fregellae venne fondata nel 328 a.C. lungo la Via Latina, immediatamente a sinistra del Liri, poco prima della confluenza con il Sacco (Liv., VIII, 22, 1). La città riprende il nome di un precedente insediamento volsco (identificabile con l’odierna Rocca d’Arce), distrutto dai Sanniti intorno al 350. Nel 320, durante la seconda guerra sannitica, Fregellae venne conquistata dai Sanniti e completamente distrutta: verrà ricostruita dai Romani nel 313 (Liv., IX, 28, 3).
La posizione occupata da Fregellae, su un pianoro elevato, isolato da fiumi e paludi, ne fece uno dei più importanti capisaldi difensivi romani per gli attacchi provenienti da Sud: questa funzione apparve essenziale tanto nel corso della guerra contro Pirro (Flor., Epit., I, 13, 24), quanto della guerra annibalica (Liv., XXVI, 9, 3; 11).
L’importanza della città risulta confermata anche dalla funzione di portavoce delle altre colonie latine, che essa ebbe modo di esercitare in almeno due occasioni: nel 209, quando il fregellano Marco Sestilio fu inviato a Roma per ribadire l’appoggio delle colonie rimaste fedeli, in uno dei momenti più difficili della guerra contro Annibale (Liv., XXVII, 10); nel 177, quando L. Papirio Fregellano venne incaricato di difendere gli interessi dei Latini nel corso di una grave crisi sociale, provocata al tempo stesso dall’emigrazione massiccia verso Roma e dallo spostamento a Fregellae (e probabilmente in altre colonie latine) di 4000 famiglie sannite e peligne (Liv., XLI, 8, 8).
L’episodio più noto della vita della città coincide con la sua distruzione, che avviene durante la crisi graccana. Il fallimento della legge di Fulvio Fiacco, che concedeva la cittadinanza agli Italici, provocò nel 125 la ribellione di Fregellae, che venne investita da un esercito romano (al comando del pretore L. Opimio), conquistata e totalmente distrutta. Una parte dei superstiti venne probabilmente dedotta nella colonia romana di Fabrateria Nova, fondata l’anno seguente (124 a.C.) in una località di pianura, in prossimità della confluenza del Liri e del Sacco. Il nome della città si conservò in una stazione della Via Latina, Fregellanum, ricordata nell’Itinerarium Antonini, corrispondente probabilmente all’odierna Ceprano.
L’identificazione del sito occupato dalla città con l’odierna località di Opri (sulla riva sinistra del Liri, poco più di 1 km a SE di Ceprano) dovuta al Vitagliano (1653), E’ stata definitivamente dimostrata da Giovanni Colasanti, e confermata dagli scavi in corso. Si tratta di un esteso pianoro (più di 80 ha) limitato da profondi scoscendimenti, occupato quasi interamente dall’abitato, come si deduce dalla presenza di manufatti antichi (quasi esclusivamente di età repubblicana) diffusi su tutta la superficie.
Gli scavi, iniziati nel 1978, sono stati realizzati per le prime campagne dalla Soprintendenza Archeologica del Lazio, in collaborazione con le Università di Perugia e di Cambridge, in seguito dalle due Università. I numerosi saggi praticati in vari settori dell’abitato hanno definitivamente dimostrato l’identificazione con Fregellae: la cronologia dei materiali rinvenuti, infatti, non oltrepassa la soglia del 125 a.C., se si escludono i pochi resti di una villa imperiale, che si insediò al centro del pianoro, di cui risulta ancora visibile una conserva d’acqua in opera a sacco di calcare. La presenza stessa di questa villa dimostra l’abbandono della città, divenuta ormai terreno agricolo: alcune tombe a cappuccina a essa pertinenti sono inserite entro edifici distrutti, di cui tagliano i pavimenti.
Le esplorazioni finora condotte hanno dimostrato l’esistenza di un impianto regolare, impostato su un grande asse NS (ancora utilizzato come sentiero di campagna) sotto il quale corre una grande cloaca (o, piuttosto un acquedotto) costruita in opera quadrata, che corrisponde probabilmente al tratto urbano della Via Latina. Solo nel settore NE si è riconosciuto un quartiere impostato su un asse divergente, nettamente inclinato rispetto a quello principale.
Gli scavi realizzati sul pianoro hanno rivelato l’esistenza del foro (1990), lungo c.a 150 m, con coppie di pozzetti costruite con lastre di calcare sui lati corti, destinate a sostenere pali utilizzati, evidentemente, come sostegno per le corde che, tirate su tutta la lunghezza della piazza, separavano i corridoi (saepta) utilizzati nelle votazioni. All’angolo NO del foro sono stati messi in luce i resti di un piccolo tempio.
Immediatamente a N (scavo 1991) si trovano i resti del comizio, che presenta la normale forma circolare inserita entro un recinto quadrato. Su di esso si affacciava, a N, la curia, preceduta sulla fronte da un tribunale inquadrata sugli altri tre lati da un portico a grandi colonne, delle quali si sono rinvenute le basi. All’interno di questo, a E e a O, si aprivano due serie di cinque ambienti, in alcuni dei quali (quelli a O) si deve forse identificare, dato il ritrovamento di un gruppo di monete d’argento di Neapolis, l’aerarium.
A NO del pianoro della città si stacca un piccolo promontorio, probabilmente esterno alla cinta urbana: qui lo scavo (iniziato nel 1978) ha riportato alla luce un santuario che, in base alle iscrizioni rinvenute (un altare con la dedica aisc[o]lap[io] e una statuetta di terracotta dedicata a Salus) è attribuibile a Esculapio. I resti, in cattivo stato di conservazione, hanno permesso di ricostruire la presenza di un grande triportico dorico, con pareti decorate in primo stile e ricca decorazione di terrecotte architettoniche. Del tempio, disposto in posizione assiale, con la facciata rivolta a S, verso la città, sono stati recuperati, oltre a scarsi resti delle strutture, numerose terrecotte, tra le quali sono particolarmente significativi i frammenti di un frontone figurato. La cronologia del complesso, gli anni centrali del II sec. a.C., ne fa uno dei più antichi esempi di quell’architettura ellenistico-repubblicana che, specie per quanto riguarda i santuari del Lazio meridionale, conoscerà un ampio sviluppo nei secoli successivi. La scoperta di un grande deposito di terrecotte votive, databile in gran parte nel corso del III sec. a.C., dimostra l’esistenza di un culto nella stessa località fin dall’inizio della colonia: non è chiaro se si tratti già di un culto di Esculapio, o di quello di una divinità , forse femminile, legata alla fertilità e al culto delle acque.
A E del foro è stato scavato, in più campagne successive (1980-1991) un quartiere residenziale: grandi domus ad atrio, il cui impianto attuale sembra appartenere ai primi decenni del II sec. a.C., anche se non mancano abbondanti resti della fase precedente, databile tra la fine del IV e il III sec. a.C. Particolarmente interessanti, tra questi ultimi, le strutture di una casa solo parzialmente esplorata, conservata per più di 2 m di altezza, con muri di mattoni crudi poggianti su tre strati di tegole legati con argilla, che conservano praticamente intatta la loro decorazione in primo stile, certamente la più antica finora nota nell’Italia centrale (fine IV-prima metà III sec. a.C.). Agli stessi anni, o poco dopo, è databile un emblema circolare in mosaico, con figure geometriche, rinvenuto in un’altra casa.
Le abitazioni della fase successiva, immediatamente posteriori alla guerra annibalica, appartengono tutte – tranne una – al tipo canonico, con atrio compluviato. L’eccezione è costituita da una casa priva di impluvio, e quindi verosimilmente con atrio testudinato, di tradizione ancora arcaica. Si tratta di dimore chiaramente appartenute alla classe dirigente della città, come si ricava, oltre che dalle dimensioni e dal livello qualitativo, dalla presenza dei vestibula destinati ai clientes. Particolarmente ricco è l’apparato decorativo, che comprendeva pavimenti di signino con inserzione di tessere di calcare (ma talvolta anche mosaici in tessellato, per lo più bianchi), decorazione parietale in primo stile e ricche terrecotte architettoniche, concentrate nella zona dell’atrio. Spicca tra queste un gruppo di fregi fittili, alti in media 30 cm, destinati probabilmente a essere inseriti nella decorazione parietale dipinta del tablino. Di grande interesse è la rappresentazione di scene di battaglia terrestre (tra un esercito romano e una falange macedone) e navale, nella quale si devono riconoscere, con tutta probabilità, episodi della guerra contro Antioco III di Siria (194-189 a.C.), cui parteciparono certamente anche i Fregellani. Si tratta dell’esempio più antico finora noto in Italia di rappresentazione storica, la cui presenza nella parte ufficiale della casa era evidentemente destinata a commemorare le glorie familiari. Recente (1989) è la scoperta di un altro fregio con rappresentazioni di tripodi delfici sormontati dall’omphalòs, di Vittorie che coronano trofei e di personaggi maschili non identificati: anche in questo caso si tratta probabilmente di un’allusione a imprese militari in Grecia (forse in relazione con Acilio Glabrione, console nel 194 a.C., e incaricato della prima fase della guerra contro Antioco III, il quale restituì la libertà al Santuario di Delfi, sottraendolo alla lega etolica).
In una fase successiva (decenni centrali del II sec. a.C.) tutte queste case subiranno una ristrutturazione radicale, trasformandosi in manifatture industriali, da identificare quasi certamente con fulloniche. La presenza di grandi quantità di scorie di fusione del ferro in altre zone dell’abitato conferma la profonda trasformazione economica e sociale di F., alla quale forse allude anche il celebre passo di Catone (Agr., 135,1) che ricorda l’importanza di Minturnae (il porto di Fregellae) come centro della vendita di strumenti agricoli. Sembra evidente che questa radicale ristrutturazione, che trasforma la città in un grande centro di produzione manifatturiera, debba essere connessa con le massicce migrazioni dall’area sabellica in direzione del Lazio, ricordate da Livio (XLI, 8), e che già nel 177 a.C. avevano visto ben 4000 famiglie sannitiche e peligne spostarsi a Fregellae. La funzione economica della città sopravviverà del resto anche alla sua distruzione, come si deduce dalla notizia di Strabone (V, 3, 10, probabilmente ricavata da Posidonio) sulla persistenza nel luogo di un importante mercato ancora nel corso del I sec. a.C. A questo era collegato probabilmente un Tempio di Nettuno, ancora esistente nel 93 a.C. (Obseq., 52).
Fonti bibliografiche
F. Coarelli, Fregellae, 1981
F. Coarelli e P.G. Monti, Fregellae. 1. La storia, la città, il territorio, 1998
G. Colasanti, Il passo di Ceprano sotto gli ultimi Hohenstaufen, (Ristampa anastatica, Ceprano 2003)
F. Corradini, …di Arce in Terra di Lavoro, Arce 2004
Fregellae (328 BC – 125 BC)
Isoletta d’Arce, Archaeological Park of Fregellae
The Latin colony of Fregellae was founded in 328 BC. along the Via Latina, immediately to the left of the Liri river, just before the confluence with the Sacco (Lev., VIII, 22, 1). The city takes the name of a previous Volscian settlement (identifiable with today’s town of Rocca d’Arce), destroyed by the Samnites around 350. In 320, during the Second Samnite War, Fregellae was conquered by the Samnites and completely destroyed: it will be rebuilt by the Romans in 313 (Lev., IX, 28, 3).
The position occupied by Fregellae, on a high plateau, isolated from rivers and marshes, made it one of the most important Roman defensive strongholds for attacks from the South: this function appeared essential both during the war against Pyrrhus (Flor., Epit. , I, 13, 24), and during the Hannibal war (Lev., XXVI, 9, 3; 11).
The importance of the city is also confirmed by the function of spokesman for the other Latin colonies, which it was able to exercise on at least two occasions: in 209, when the Fregellan Marco Sestilio was sent to Rome to reaffirm the support of the colonies who remained faithful, in one of the most difficult moments of the war against Hannibal (Liv., XXVII, 10); in 177, when L. Papirio Fregellano was charged with defending the interests of the Latins during a serious social crisis, caused at the same time by the massive emigration to Rome and by the displacement of 4000 families to Fregellae (and probably to other Latin colonies) Samnite and Peligne (Liv., XLI, 8, 8).
The best-known episode in the life of the city coincides with its destruction, which takes place during the Graccana crisis. The failure of the law of Fulvio Fiacco, which granted citizenship to the Italics, caused the rebellion of Fregellae in 125, which was invested by a Roman army (under the command of the praetor L. Opimius), conquered and totally destroyed. A part of the survivors probably formed the Roman colony of Fabrateria Nova, founded the following year (124 AD) in a place on the plain, near the confluence of the Liri and the Sacco rivers. The name of the city is kept in a station on the Via Latina, Fregellanum, mentioned in the Itinerarium Antonini, probably corresponding to the today town of Ceprano.
The identification of the site, today named by the locality of Opri (on the left bank of the Liri river, just over 1 km SE of Ceprano) due to Vitagliano (1653), was definitively demonstrated by Giovanni Colasanti, and confirmed from the excavations in progress. It is an extensive plateau (more than 80 ha) limited by deep slopes, occupied almost entirely by the town, as can be deduced from the presence of ancient artefacts (almost exclusively from the Republican age) spread over the entire surface.
The excavations, which began in 1978, were carried out for the first campaigns by the Archaeological Superintendence of Lazio, in collaboration with the Universities of Perugia and Cambridge, and later continued by the two Universities. The numerous essays practiced in various sectors of the town have definitively demonstrated the identification with Fregellae:
the chronology of the materials found, in fact, does not exceed the threshold of 125 BC, if we exclude the few remains of an imperial villa, which is settled in the center of the plateau, of which a retained water in work in sack is still visible limestone. The very presence of this villa demonstrates the abandonment of the city, which has now become agricultural land: some capuchin tombs pertinent to it are inserted into destroyed buildings, whose floors they cut.
The explorations carried out so far have shown the existence of a regular system, set on a large NS axis (still utilized as a country path) under which runs a large sewer (or, rather, an aqueduct) built in square, which probably corresponds to the urban stretch of the Via Latina. Only in the NE sector was recognized a district set on a divergent axis, clearly inclined with respect to the main one.
The excavations carried out on the plateau, revealed the existence of the forum (1990), about 150 m long, with pairs of wells built with limestone slabs on the short sides, intended to support poles used, evidently, as a support for the ropes which, along the entire length of the square, separated the corridors (saepta) used in voting process. At the NW corner of the forum, the remains of a small temple have been unearthed.
Immediately to the N (excavation 1991) are the remains of the comitium, which has the normal circular shape inserted within a square enclosure. The curia overlooked it to the north, preceded on the front by a courtroom framed on the other three sides by a portico with large columns, of which the bases have been found. Within this, at the E and at the W, there are two series of five opened rooms, in some of which (those at O) we should perhaps identify the Aerarium as it has been found a group of silver coins from Neapolis.
A small promontory to the NW of the plateau of the city comes off a small promontory, probably outside the city walls: here the excavation (begun in 1978) has brought to light a sanctuary which, according to the inscriptions found (an altar with the dedication to aisc[o]lap[io] and a terracotta statuette dedicated to Salus) It is attributable to Aesculapius. The remains, in a bad state of conservation, have allowed the reconstruction of the presence of a large Doric triporticus, with decorated walls in the first style and rich decoration of architectural terracotta. By the temple, arranged in an axial position, with the façade facing the S, towards the city, in addition to the few remains of the structures, numerous terracotta have been recovered, among which are particularly significant the fragments of a figured pediment. The chronology of the complex, the central years of the second century BC, makes it one of the oldest examples of that Hellenistic-republican architecture which, especially as regards to the sanctuaries of southern Lazio, will have a wide development in the following centuries. The discovery of a large deposit of votive terracottas, datable mostly to the third century BC, demonstrates the existence of a cult in the same locality since the beginning of the colony: it is not clear whether it is already a cult of Aesculapius, or that of a deity, perhaps female, linked to fertility and waters.
At E of the forum a residential area was excavated in several successive campaigns (1980-1991): large domus with atrium, whose current layout seems to belong to the first decades of the second century BC, even if there are many remains of the previous phase, datable between the end of the IV and the III century BC Particularly interesting, among the latter, are the structures of a house that has only been partially explored, preserved for more than 2 m in height, with unbaked brick walls resting on three layers of tiles bound with clay, which keep their first style decoration practically intact, certainly the oldest known in central Italy (late 4th-first half 3rd century BC). A circular mosaic emblem with geometric figures, found in another house, can be dated to the same years, or shortly thereafter.
The houses of the next phase, immediately after the Hannibal war, belong all – except one – to the canonical type, with a compluviated atrium. The exception is a house without an impluvium, and therefore probably with a testudin atrium, still of archaic tradition. These are residences that clearly belonged to the ruling class of the city, as can be deduced not only from the size and quality level, but also from the presence of the vestibule intended for clientes. Particularly rich is the decorative apparatus, which included signino floors with insertion of limestone tiles (but sometimes also tessellated mosaics, mostly white), wall decoration in the first style and rich architectural terracotta, concentrated in the atrium area. Among these, a group of clay friezes stands out, averaging 30 cm high, probably destined to be inserted in the painted wall decoration of the tablinum. Of great interest is the representation of battle scenes on land (between a Roman army and a Macedonian phalanx) and naval, in which we must recognize, episodes of the war against Antiochus III of Syria (194-189 BC), in which the Fregellani certainly also participated. This is the oldest known example in Italy of historical representation, whose presence in the official part of the house was obviously destined to commemorate family glories. Recent (1989) is the discovery of another frieze with representations of Delphic tripods surmounted by the omphalòs, of Victories crowning trophies and of unidentified male characters: also in this case it is probably an allusion to military enterprises in Greece ( perhaps in connection with Acilio Glabrione, consul in 194 BC, and in charge of the first phase of the war against Antiochus III, who restored freedom to the Sanctuary of Delphi, taking it away from the Aetolian league).
In a subsequent phase (central decades of the 2nd century BC) all these houses will undergo a radical restructuring, transforming themselves into industrial factories, to be identified almost certainly with fullonics. The presence of large quantities of iron smelting slag in other areas of the inhabited area confirms the profound economic and social transformation of F., to which the famous passage of Cato (Agr., 135,1) which recalls the importance of Minturnae (the port of Fregellae) as a center for the sale of agricultural tools. It seems evident that this radical restructuring, which transforms the city into a large manufacturing production center, must be connected with the massive migrations from the Sabellian area towards Lazio, mentioned by Livy (XLI, 8), and that already in 177 BC. they had seen 4000 Samnite and Peligne families move to Fregellae. The economic function of the city will also survive its destruction, as can be deduced from the news of Strabone (V, 3, 10, probably obtained from Posidonio) on the persistence in the place of an important market still during the first century. B.C. A Temple of Neptune was probably connected to this, still existing in 93 BC. (Obseq., 52).
Fregellae (328 av. J.-C. – 125 av. J.-C.)
Isoletta d’Arce, Parc archéologique de Fregellae
La colonie latine de Fregellae a été fondée en 328 avant J.-C. le long de la Via Latina, immédiatement à gauche du Liri, juste avant son confluent avec le Sacco (Liv., VIII, 22, 1). La ville a pris le nom d’une ancienne colonie volsque (identifiable avec l’actuelle Rocca d’Arce), détruite par les Samnites vers 350. En 320, pendant la deuxième guerre samnite, Fregellae a été conquise par les Samnites et complètement détruite : elle a été reconstruite par les Romains en 313 (Liv., IX, 28, 3).
La position occupée par Fregellae, sur un plateau élevé, isolé par des rivières et des marais, en faisait l’une des plus importantes places fortes défensives romaines pour les attaques venant du sud : cette fonction est apparue essentielle aussi bien pendant la guerre contre Pyrrhus (Flor., Epit., I, 13, 24) que pendant la guerre contre Hannibal (Liv., XXVI, 9, 3 ; 11).
L’importance de la ville est également confirmée par sa fonction de porte-parole des autres colonies latines, qu’elle a pu exercer à deux reprises au moins : en 209, lorsque le frégellien Marcus Sextilius fut envoyé à Rome pour réitérer le soutien des colonies loyales restantes, dans l’un des moments les plus difficiles de la guerre contre Hannibal (Liv, XXVII, 10) ; en 177, lorsque L. Papirius Fregellanus fut chargé de défendre les intérêts des Latins lors d’une grave crise sociale, provoquée à la fois par l’émigration massive vers Rome et le déplacement à Fregellae (et probablement vers d’autres colonies latines) de 4000 familles samnites et péliniennes (Liv., XLI, 8, 8).
L’épisode le plus connu de la vie de la ville coïncide avec sa destruction, qui s’est produite pendant la crise des Gracques. L’échec de la loi de Fulvio Fiacco, qui accordait la citoyenneté aux Italiens, provoqua la rébellion de Fregellae en 125, qui fut investie par une armée romaine (sous le commandement du préteur L. Opimio), conquise et totalement détruite. Une partie des survivants a probablement été installée dans la colonie romaine de Fabrateria Nova, fondée l’année suivante (124 av. J.-C.) dans une zone plate près du confluent des fleuves Liri et Sacco. Le nom de la ville a été conservé dans une station de la Via Latina, Fregellanum, mentionnée dans l’Itinerarium Antonini, correspondant probablement à l’actuelle Ceprano.
L’identification du site occupé par la ville avec l’actuelle localité d’Opri (sur la rive gauche du Liri, à un peu plus de 1 km au sud-est de Ceprano) par Vitagliano (1653), a été définitivement démontrée par Giovanni Colasanti, et confirmée par les fouilles actuelles. Il s’agit d’un grand plateau (plus de 80 ha) limité par de profondes pentes, occupé presque entièrement par l’établissement, comme on peut le déduire de la présence d’artefacts anciens (presque exclusivement de la période républicaine) répartis sur toute la surface.
Les fouilles, qui ont commencé en 1978, ont été réalisées pour les premières campagnes par la Soprintendenza Archeologica del Lazio, en collaboration avec les universités de Pérouse et de Cambridge, puis par les deux universités. Les nombreux tests effectués dans divers secteurs de l’établissement ont définitivement prouvé l’identification avec Fregellae : la chronologie des matériaux trouvés, en effet, ne dépasse pas le seuil de 125 av. J.-C., si l’on exclut les quelques vestiges d’une villa impériale, installée au centre du plateau, dont un réservoir d’eau en calcaire travaillé au sac est encore visible. La présence même de cette villa témoigne de l’abandon de la ville, devenue terre agricole: certaines des tombes de capucins qui lui appartiennent sont insérées dans des bâtiments détruits, dont ils ont découpé le sol.
Les explorations menées jusqu’à présent ont démontré l’existence d’un tracé régulier, établi sur un grand axe NS (encore utilisé comme chemin de campagne) sous lequel passe un grand cloaque (ou plutôt un aqueduc) construit en opus quadratum, qui correspond probablement à la section urbaine de la Via Latina. Ce n’est que dans le secteur NE qu’un quartier était placé sur un axe divergent, clairement incliné par rapport à l’axe principal.
Les fouilles effectuées sur le plateau ont révélé l’existence du forum (1990), long d’environ 150 m, avec des paires de puits construits avec des dalles calcaires sur les petits côtés, destinés à supporter des poteaux qui servaient évidemment de supports aux cordes qui, tendues sur toute la longueur de la place, séparaient les couloirs (saepta) utilisés pour le vote. À l’angle nord-ouest du forum, les vestiges d’un petit temple ont été mis au jour.
Immédiatement au N (fouille 1991) se trouvent les restes de la salle de réunion, qui a une forme circulaire normale dans une enceinte carrée.
Du côté N de l’enceinte se trouvait la curie, précédée sur le devant d’un tribunal et encadrée sur les trois autres côtés par un portique à grandes colonnes, dont les bases ont été retrouvées. A l’intérieur, à l’E et à l’O, s’ouvrent deux séries de cinq pièces, dont certaines (celles de l’O) peuvent peut-être être identifiées comme l’aerarium, étant donné la découverte d’un groupe de pièces d’argent de Neapolis.
Au nord du plateau de la ville se dresse un petit promontoire, probablement hors des murs de la ville: ici, les fouilles (commencées en 1978) ont mis au jour un sanctuaire qui, sur la base des inscriptions trouvées (un autel avec la dédicace à Aisc[o]lap[io] et une statuette en terre cuite dédiée à Salus) est attribuable à Esculape. Les vestiges, en mauvais état de conservation, ont permis de reconstituer la présence d’un grand triportique dorique, aux murs décorés dans le premier style et richement ornés de terre cuite architecturale. Du temple, disposé en position axiale, avec la façade orientée vers le S, en direction de la ville, on a retrouvé de nombreuses terres cuites, ainsi que de maigres restes de structures, parmi lesquelles les fragments d’un fronton figuré sont particulièrement significatifs. La chronologie du complexe, les années moyennes du IIe siècle av. J.-C., en fait l’un des premiers exemples de l’architecture hellénistique-républicaine qui, surtout en ce qui concerne les sanctuaires du sud du Latium, devait connaître un large développement dans les siècles suivants. La découverte d’un important dépôt de terres cuites votives, datables pour la plupart du IIIe siècle avant J.-C., démontre l’existence d’un culte dans la même localité dès le début de la colonie: on ne sait pas s’il s’agissait déjà d’un culte d’Esculape, ou de celui d’une divinité, peut-être féminine, liée à la fertilité et au culte de l’eau.
À l’est du forum, un quartier résidentiel a été fouillé au cours de plusieurs campagnes successives (1980-1991): grande domus à atrium, dont le plan actuel semble appartenir aux premières décennies du IIe siècle av. J.-C., bien qu’il y ait d’abondants vestiges de la phase précédente, datables entre la fin du IVe et le IIIe siècles av. Parmi ces derniers, les structures d’une maison qui n’a été que partiellement explorée, conservées jusqu’à une hauteur de plus de 2 m, avec des murs en briques non cuites reposant sur trois couches de tuiles liées avec de l’argile, qui conservent pratiquement intacte leur décoration de premier style, certainement la plus ancienne connue à ce jour en Italie centrale (de la fin du IVe au début du IIIe siècle avant J.-C.), sont particulièrement intéressantes. Un emblème circulaire en mosaïque avec des figures géométriques, trouvé dans une autre maison, peut être daté de la même période ou peu après.
Les habitations de la phase suivante, immédiatement après la guerre d’Hannibal, appartiennent toutes – sauf une – au type canonique, avec un atrium compluvial. L’exception est une maison sans impluvium, et donc probablement avec un atrium testudinate, qui est encore de tradition archaïque. Ces habitations appartenaient clairement à la classe dirigeante de la ville, comme en témoignent non seulement leur taille et leur qualité, mais aussi la présence de vestibules pour les clientes. L’appareil décoratif est particulièrement riche, avec des sols en signinum avec des tesselles de calcaire insérées (mais parfois aussi des mosaïques tessellées, le plus souvent blanches), des décorations murales du premier style et de riches terres cuites architecturales, concentrées dans la zone de l’atrium. Parmi elles, un groupe de frises en argile, d’une hauteur moyenne de 30 cm, probablement destinées à être incluses dans la décoration murale peinte du tablinum. La représentation de scènes de batailles terrestres (entre une armée romaine et une phalange macédonienne) et navales est d’un grand intérêt. Selon toute probabilité, il faut y reconnaître des épisodes de la guerre contre Antiochus III de Syrie (194-189 av. J.-C.), à laquelle les Fregellani ont certainement participé. Il s’agit du plus ancien exemple connu en Italie d’une représentation historique, dont la présence dans la partie officielle de la maison était manifestement destinée à commémorer les gloires familiales. Récemment (1989), on a découvert une autre frise avec des représentations de trépieds delphiques surmontés de l’omphalòs, de victoires couronnant des trophées et de personnages masculins non identifiés: dans ce cas aussi, il s’agit probablement d’une allusion à des exploits militaires en Grèce (peut-être en rapport avec Acilius Glabrion, consul en 194 av. J.-C., chargé de la première phase de la guerre contre Antiochus III, qui rendit la liberté au sanctuaire delphique, en l’enlevant à la Ligue Aetolienne).
Dans une phase ultérieure (les décennies centrales du IIe siècle avant J.-C.), toutes ces maisons ont subi une restructuration radicale, étant transformées en usines industrielles, à identifier presque certainement avec fulloniche. La présence de grandes quantités de scories provenant de la fonte du fer dans d’autres parties de l’établissement confirme la profonde transformation économique et sociale de F., à laquelle fait peut-être également allusion le célèbre passage de Caton (Agr., 135,1), rappelant l’importance de Minturnae (le port de Fregellae) comme centre de vente d’outils agricoles. Il semble évident que cette restructuration radicale, qui a transformé la ville en un grand centre manufacturier, doit être mise en relation avec les migrations massives de la zone sabellienne vers le Latium, mentionnées par Tite-Live (XLI, 8), et qui, déjà en 177 avant J.-C., avaient vu jusqu’à 4000 familles samnites et péliniennes se déplacer vers Fregellae. La fonction économique de la ville a survécu même après sa destruction, comme le montre le récit de Strabon (V, 3, 10, probablement tiré de Posidonius) de la persistance d’un important marché au cours du Ier siècle av. A celui-ci était probablement relié un Temple de Neptune, existant encore en 93 av. (Obseq., 52).