La necessità di un collegamento trasversale che mettesse in comunicazione il litorale tirrenico con l’entroterra iniziò a farsi sentire tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo, alla luce di nuove esigenze connesse a fini commerciali e strategici militari. A quel tempo, l’attuale regione meridionale del Lazio costituiva la parte settentrionale della provincia di Terra di Lavoro, la cui giurisdizione amministrativa era di pertinenza parte del circondario di Gaeta e parte di quello di Sora. Se nei due circondari i collegamenti longitudinali erano assicurati da ciò che restava delle antiche consolari Latina e Appia, quelli trasversali, invece, erano del tutto inesistenti fatti salvi, naturalmente, tratturi e sentieri disegnati nel tempo dal transito degli uomini. La particolare struttura del territorio rendeva difficoltosa la realizzazione di adeguate vie di comunicazioni tra l’entroterra lirino ed il mare. Nel 1849, è lo stesso re delle Due Sicilie, Ferdinando II di Borbone, a sollecitare la trasformazione del vecchio sentiero esistente tra Itri ed Arce in una strada idonea al transito dell’artiglieria, affinché si agevolassero i movimenti delle truppe lungo quella parte della frontiera. Dopo la prima apertura di un tracciato nel 1850, nel 1853 iniziarono i lavori di realizzazione della strada, secondo il progetto dell’ing. Ferdinando Rocco. La strada per un totale di 25 miglia napoletane (47 Km) venne ampliata fino a 8-10 palmi napoletani, cioè tra i due metri e i due metri e mezzo; i lavori vennero completati nel giro di un paio d’anni e a maggio del 1855 la via viene aperta al traffico delle “vetture a ruote” da Itri fino allo sbocco sulla traversa Arce – Ceprano. A lieve schiena d’asino, la Civita Farnese viene considerata dal punto di vista tecnico un vero e proprio gioiello. Le pendenze, in particolare, anche nei tronchi più difficili – uno dei quali quello in prossimità dell’abitato di Pico – non superano mai il 5 per cento che, “all’epoca rappresentava il limite massimo per la percorribilità dei carri trainati da animali trasportanti le merci”. Il 23 aprile 1856 Isoletta ha l’onore di ospitare Ferdinando II di Borbone ed i suoi familiari. Il motivo della visita del re è soprattutto quello di potersi fare un’idea della nuova strada; in tale occasione Ferdinando avrebbe deciso di chiamare la nuova strada Civita Farnese, vuoi in onore della Madonna della Civita, cui egli era devoto, vuoi in onore della famiglia Farnese che in passato aveva avuto la titolarità del feudo che inglobava gran parte dei territori attraversati dalla nuova arteria. La strada viene inoltre alberata e fornita di “colonnette miliari” gran parte delle quali sono ancora presenti e i cosiddetti “miglioni”: grossi migli o cippi miliari: uno di essi è ad Itri, al bivio sull’Appia della Civita Farnese, un secondo tra Arce e Ceprano, laddove al chilometro 110,200 la strada s’innesta sulla via Casilina, ed un terzo tra Pico e San Giovanni Incarico. Quest’ultimo è un miglio di equidistanza: infatti da quel punto, si prosegua per Itri o per Arce, la distanza da Napoli è esattamente di miglia 71 e 3/7 (130 km).
Bibliografia
T. Molle, Ferdinando II in visita al ponte Farnese a Isoletta, Rivista di Studi Cassinati, 2016
C. Jadecola, Una strada modello: la Civita Farnese, Quaderni Coldragonesi n.6, 2015
R. Fraioli, Memorie di un paese. Le immagini di Arce nella “filigrana” della storia, Montecassino 2005
F. Corradini, …di Arce in Terra di Lavoro, Arce 2004
G. Sacchetti, Storia e cronaca di Isoletta, Borgo S. Dalmazzo 1957